Meno nota è invece la crisi maschile, per la quale non ho avuto modo di individuare pressioni sociali esplicite. Eppure quegli uomini dall’aspetto da duro che hanno scelto di volare in fiore in fiore, in prossimità dei 40 anni si aggrappano disperatamente allo stelo del fiorellino di passaggio, con il rischio di spezzarlo. Al primo appuntamento manca poco che lei se ne vada, tanto è imbarazzante quello sguardo estasiato. A ogni frase, o tentativo di frase, colgono la scusa per infilarci un “a me piaci così come sei!”, che abbia o meno attinenza con il discorso. Alla seconda uscita, se mai si verifica, si presentano con una copia delle chiavi di casa per lei.
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E non è che questi maschietti non siano poi appetibili, ma se potessero evitare di farle sentire che se si distrae a guardare una vetrina potrebbero suicidarsi, lei avrebbe magari anche il tempo di affezionarsi, per non dire innamorarsi. Invece il 40enne ha addosso quella smania, quell’angoscia da “sei la mia ultima possibilità” che provoca una rapida fuga in direzione opposta. Perché anche le donne fuggono, se si sentono troppo responsabili delle vite altrui. Anche le donne amano la loro indipendenza. Soprattutto quando si accorgono di rischiare di perderla. Perché tutto sommato una donna potrà avere il sogno di una famiglia, ma se vede che si trasforma in incubo non ha nessun problema a fare marcia indietro. Potete fare la prova inondando di sms la single in via di scadenza, magari quando sapete che non può rispondere o che è al cinema, e poi concludere con un melodrammatico: “Dimmi solo che stai bene”.
C’è però un qualcosa di confortevole in questa condivisione di atteggiamenti nevrotici: l’idea che uomini e donne non siano in fondo poi così diversi.