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Palo Alto [Recensione film]

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TORINO 3 set (Però Torino) - Un cognome importante non sempre è la garanzia di un successo assicurato, talvolta può essere un carico difficile da sostenere, soprattutto per le aspettative che genera.

Ma Gia Coppola, nipote del celebre Francis Ford Coppola se l'è cavata piuttosto bene dietro la macchina da presa. Palo Alto, il film presentato nella sezione Orizzonti alla settantesima Mostra del Cinema di Venezia, tratto dal libro di James Franco (anche interprete nella pellicola), fornisce un'analisi onesta e realistica della teen generation.
Non ci sono sconti, le parole sono crude, talvolta eccessive, ma sempre vere.
Tutto è vissuto dai protagonisti con una spontanea inconsapevolezza. Il sesso è la forma per sentirsi meno soli, la droga per sentirsi meno inesperti, il dialogo non è da ricercarsi nelle parole ma nelle azioni.
Teddy è un ragazzino di buona famiglia, che rischia il carcere dopo aver provocato un incidente sotto effetto di stupefacenti, Fred è l'amico, che spesso lo incita a trasgredire le regole. April è una giovane studentessa del liceo, oggetto dell'interesse di Teddy ma anche dell'affascinante coach della squadra femminile di calcio, ed Emily è la "ragazza facile", quella che si concede con la vana illusione di ottenere attenzione.
Nell'epilogo del film Teddy riuscirà a dichiararsi alla coetanea April, la quale, dopo una breve e infelice relazione con il coach, troverà la serenità di una storia alla pari, senza menzogne.
Quella rappresentata da Gia Coppola è una fotografia nitida dell'universo giovanile, fatto di solitudine, di domande che non trovano risposte, di certezze mancanti, ma soprattutto di un forte bisogno di essere ascoltati e amati per quello che si è.
La forza di questo film sta proprio nella scelta di dare una voce nuova e non stereotipata ai protagonisti, i quali, sbagliando, coltivano le proprie ambizioni ed esplorano i loro desideri; e di mostrare come la maturità e l'integrità umana non siano virtù legate ad un fattore anagrafico.
Un valido inizio per Gia.

Lorena Antonioni</strong=%3

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