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Torino, un nuovo quartiere da 40mila abitanti

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TORINO 3 ott (Però Torino) - «Da questo appartamento si gode un panorama stupendo», dirà tra qualche anno un agente immobiliare, incaricato di piazzare i tantissimi appartamenti che stanno per essere costruiti con la Variante 200. «Da 80 metri di altezza – continuerà il venditore – si scorgono le più belle tombe di famiglia di Torino e il viale centrale del Monumentale». Già: grattacielo con vista sul cimitero. Nella nostra metropoli sta per sorgere una nuova città, grande quasi come Moncalieri o Cuneo: circa 40mila nuovi abitanti, presi chissà dove, potranno insediarsi grazie a questa spericolata operazione immobiliare, che il Comune sta portando avanti con alchimie amministrative «che potrebbero anche dare adito a un esposto alla procura della Repubblica», spiega Franco Francone, consigliere dell’Ordine degli architetti, responsabile per la normativa edilizia e urbanistica.

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Ma procediamo con ordine, riproponendo un articolo scritto qualche tempo fa sulla rivista "Però", quando assessore all'Urbanistica era Mario Viano: presto, sul cartaceo, rifaremo il punto della situazione. Il 14 febbraio scorso, il Consiglio comunale riesce finalmente ad approvare la duecentesima variante ad un piano regolatore che ormai è una groviera di cambiamenti totali. Lo fa con con 28 voti favorevoli (la maggioranza) 4 voti contrari (la sinistra estrema) e 9 astenuti (l’opposizione di centrodestra). Peccato che dietro questa democratica votazione ci sia un piccolo mostro giuridico che vale miliardi di euro. E una procedura che gli esperti di urbanistica definiscono “acrobatica”.

LA FASCIA DI RISPETTO CIMITERIALE E L’IPERMERCATO

Intanto, spiegano gli addetti ai lavori, non è stata osservata la cosiddetta “fascia di rispetto cimiteriale”. In un Comune grande come Torino, per un camposanto immenso come il Monumentale, i 150 metri previsti dalla normativa urbanistica dovrebbero essere praticamente intoccabili. Invece, l’amministrazione del capoluogo subalpino, è riuscita a ridurre questo limite a 100 metri soltanto. E, proprio sul confine della muraglia che delimita il cimitero, sorgeranno due torri da 80 metri e una da 60. Non contenti, si realizzerà anche un mastodontico, ennesimo centro commerciale da 25mila metri quadri. Vedremo se sarà Coop o meno.

In ogni caso, siamo di fronte già a due deroghe, rispetto alle norme urbanistiche che dovrebbero seguire i (meno potenti di Torino) comuni piemontesi. La prima è quella della fascia di rispetto cimiteriale, la seconda quella sulla concentrazione dei centri commerciali, visto che anche questo nuovo “mall” verrà costruito per l’appunto in deroga alla normativa.

LE ANTICIPAZIONI

Altra deroga “procedurale” è quella relativa alle due anticipazioni, i cosiddetti ambiti Gondrand e Scalo Vanchiglia, dal nome dei due edifici che saranno abbattuti per fare spazio ai nuovi insediamenti.

Si tratta di due grandi varianti, che complessivamente saranno in grado di ospitare 15-20mila abitanti. Per realizzarle, il Comune avrebbe dovuto sottostare ai mille controlli e ai diecimila passaggi burocratici che la normativa urbanistica impone in questi casi. Peccato che, in fretta e furia, siano state rubricate alla voce “anticipazioni”, seguendo un iter poco più complesso rispetto a quello richiesto per l’allargamento di un marciapiede. Ci sono privati che hanno grande disponibilità di denaro e vogliono investire immediatamente: che fa il nostro Comune, in perenne bolletta a causa del debito accumulato con la gestione Chiamparino? Rinuncia agli oneri di urbanizzazione, sporchi, maledetti e subito? Ammesso che sia soltanto questo l’interesse dietro l’operazione, ovviamente no, non ci rinuncia. “Chissà come mai – dice un esperto del settore immobiliare – ci sono tutti questi soldi disponibili e questa fretta nel voler scommettere su uno sviluppo demografico così importante della nostra città, in questo momento”, nel quale va ricordato sono almeno 30mila gli immobili vuoti a Torino.

E così fa passare, in un modo che Francone definisce “molto dubbio dal punto di vista della legittimità”, praticamente una nuova cittadina senza nemmeno dover passare al vaglio dei controlli della Regione Piemonte e di un accordo di programma. Non parliamo delle cautele, dei controlli e delle analisi che un nuovo piano regolatore avrebbe comportato. “Le due anticipazioni tendono ad eludere le procedure, mentre fanno una vera e propria variante generale”, dice il consigliere dell’Ordine degli architetti.

Si tenga conto che un piccolo-medio Comune, se progetta di aumentare di mille unità il proprio abitato, si vede costretto dalla Regione a redigere un piano regolatore ex novo. A Torino ci troviamo ormai alla 280esima variante, senza un disegno complessivo della città e senza i controlli e le verifiche, invece necessarie per legge.

LA STU

Il marchingegno burocratico per gestire la complessissima operazione finanziaria che c’è dietro la variante 200, è la cosiddetta STU, società di sviluppo territoriale. “Attraverso l’utilizzo di questo strumento, le aree di trasformazione possono essere commercializzate, acquisendo così i capitali che permettono di cofinanziare la metropolitana”, spiegano dal Comune. Di fatto, come ci ha spiegato tempo fa l’assessore all’Urbanistica Mario Viano, su molta parte dei terreni, la civica amministrazione ha trattenuto per sé i diritti edificatori. Proprio con la vendita degli stessi ai privati che intendono costruire, palazzo di città vuole raggranellare parte dei soldi per fare la linea 2 del metrò. Peccato che, spiega Francone “a questo punto, i soci della Stu andrebbero scelti con evidenza pubblica: bisognerebbe fare una vera e propria gara, i cui vincitori potranno far parte della società e operare”. La giurisprudenza in questo senso è concorde e consolidata. Diversamente, sarebbe un modo illegittimo di alienare un bene pubblico, vale a dire i diritti edificatori. D’altra parte il sistema delle società chiuse, spesso è servito a enti e aziende pubbliche per aggirare le norme sui bandi: basti pensare a quanto avvenuto sino a qualche anno fa all’interporto di Orbassano con la Sito, dove poche aziende si gestivano tutti gli appalti dall’interno e senza aprirsi ai migliori offerenti. Insomma, per come si sta configurando, anche la Stu sembrerebbe essere una deroga (questa volta però ancora più discutibile rispetto a quelle in materia urbanistica) all’ordinamento vigente. La società infatti fungerebbe da camera di compensazione, incorporando prima le aree e dopo vendendo i diritti edificatori.D’altra parte proprio su questi punti, sia la Provincia, sia la Regione, entrambe amministrate come il Comune dal centrosinistra al momento di fare le loro osservazioni urbanistiche alla variante, hanno espresso forti critiche alle procedure adottate dal Municipio. Ora palazzo civico ha liquidato quelle circostanziate obiezioni con quattro righe di risposta, sottraendosi agli obblighi di vaglio congiunto grazie soprattutto alle ancipazioni. In ogni caso, sembra che il nuovo direttore dell’urbanistica regionale abbia studiato la pratica in modo approfondito e sia intenzionato a fare diversi rilievi di carattere amministrativo.Altra “chicca”: advisor dell’intera operazione è la FinPiemonte, cioè la finanziaria regionale. Risulta tuttavia che il Comune non abbia ancora pagato la parcella per il lavoro e le analisi svolte dalla FinPiemonte stessa, per cui negli uffici di galleria San Federico più d’uno sembra abbia storto il naso e ora si stanno mettendo in moto per ricuperare il credito.

LA LINEA DUE DELLA METROPOLITANA

Quanto ai soldi da rastrellare, il problema non è da poco. Ammesso che tutta l’operazione sia alla fine considerata legittima, Viano aveva parlato al “Sole 24ore” di 500 milioni che il Comune avrebbe potuto fare suoi. Fantascienza, secondo gli esperti. Conti alla mano e nella migliore delle ipotesi i 215mila metri quadri “costruibili” di proprietà comunale potrebbero fruttare alle casse del successore di Sergio Chiamparino circa 108 milioni, se diamo un valore di 500 euro per ognuno dei 215mila metri di cui il Comune ha trattenuto i diritti edificatori, così come ha fatto la società Regio Parco S.r.l., che ha comprato i terreni e di cui parleremo più avanti. L’assessore a noi aveva auspicato di prenderne almeno 170, ma come si arrivi a 500 resta un mistero. Mentre invece è molto chiaro il fatto che la linea 2 del metrò, che avrà capolinea proprio dove si sta per fare la grande speculazione edilizia della variante 200, costerà circa 1,2 miliardi di euro. Vale a dire 10 volte quanto ricavato con i diritti edificatori. Gli oneri di urbanizzazione, in buona parte saranno spesi per l’appunto con le urbanizzazioni. Resta un miliardo, insomma, che manca tondo tondo. Al Cipe la linea 2 di Torino non è prevista e quindi anche questo potrebbe essere un altro dei piccoli-grandi inganni che stanno dietro l’operazione.

I PRIVATI CHE HANNO COMPRATO

Altra deroga alla normale procedura, avvenuta già nel 2007-2008, è quella della vendita dei terreni da parte delle Ferrovie ai privati della Regio Parco S.r.l. Si trattava di terreni demaniali e, quindi, l’alienazione andava fatta con evidenza pubblica e gara. Non ci risulta che questo sia avvenuto, né abbiamo trovato conferme in tal senso. D’altra parte i metri quadri sono stati pagati quella che dagli operatori viene ritenuta un’inezia: 75 euro l’uno, per un totale di 182.000 metri quadri acquistati. La somma fa 13 milioni e 666mila euro. Pochissimo, per essere i leader di un’operazione che varrà miliardi e miliardi. Sempre di euro, naturalmente. La Regio Parco S.r.l. è stata costituita il 27 marzo del 2007, per comprare quei terreni che si trovano nell’antico quartiere torinese di Regio Parco, appunto. Nel 2008 si è saputo (chissà se qualcuno lo sapeva prima) che proprio laggiù sarebbe arrivata la metropolitana. E nel 2009 si è partiti ufficialmente con la variante 200, che permetterà di costuire 250mila metri quadri sull’area.

LE SCATOLE CINESI DELL’IMMOBILIARE REGIO PARCO

Come abbiamo già scritto, l’immobiliare Regio Parco ha un capitale sociale di 100mila euro, detenuto da altre tre società: la cuneese Dimar spa (50%) e due imprese torinesi, la Effeemme Gruppo Immobiliare Srl (30%) e la Portoriva srl (20%). Le quote costitutive della Dimar, azienda del comparto alimentare, sono a propria volta equamente distribuite tra due società semplici: la SIpar e la Raif, entrambe albesi e facenti capo alla famiglia Revello. I possessori delle quote della Portoriva sono invece cinque: Rudi Josef Lehmayer, Devis Chiarolanza, Paolo Chiola, Vincenzo Mula ed Alberto Fassio, questi ultimi anche proprietari della Effeemme immobiliare. E l’imprenditore astigiano Alberto Fassio è pure presidente del consiglio d’amministrazione della Regio Parco Srl.Siccome fare un esposto per accertamenti non significa calunniare qualcuno, ma semplicemente cercare di fare chiarezza in una situazione obiettivamente complessa, l’architetto Francone conferma “che gli estremi quantomeno per una curiosità e un eventuale azione esistono tutti”. D’altra parte nessuno può dire se in questa procedura esitano reati perseguibili, tranne ovviamente le autorità competenti.

LE REAZIONI POLITICHE

«Rivendico con orgoglio il lavoro fatto – ha detto l’assessore Viano – questa variante prova a sintonizzarsi con le nuove realtà che investono la Città. Siamo partiti dalla dismissione del sedime ferroviario per proporre una nuova infrastruttura (la linea 2 della metropolitana, ndr) che andrà a coprire zone della Città oggi ancora completamente scoperte. In secondo luogo, puntiamo a finanziare quelle stesse infrastrutture creando riqualificazione urbana». Non la pensa come lui Maria Teresa Silvestrini (Prc), che obietta: «Con questo sistema operatori immobiliari privati e costruttori parteciperanno, attraverso la Società di Trasformazione Urbana, all’intera operazione, configurandosi così come soggetti di governo urbano, perché attuatori delle Norme di Attuazione del Piano Regolatore. Ed è inammissibile la dispersione sul territorio urbano di grattacieli e centri direzionali, senza alcuna programmazione urbanistica, come del resto gli stessi candidati a sindaco del Pd oggi sostengono in campagna elettorale».E Andrea Tronzano (Pdl) afferma: «Su questa delibera non parteciperemo al voto perché riteniamo che la linea 2 della metropolitana sia fondamentale, ma abbiamo grandi perplessità su come il Comune possa trovare le risorse: il 60% è a carico del Cipe e il 40% è diviso tra Regione e Comune. Il Comune vuole trovare quasi 200 milioni dalla vendita di diritti edificatori, ma non credo che li troverà, vista la difficoltà a reperire dal mercato privato anche soltanto 25 milioni derivanti dalle aste».«Apprezzo il progetto della Variante – dice Dario Troiano (Fli) – perché va a recuperare un’area che è in uno stato di degrado urbanistico. Si costruisce un bel pezzo della nuova città: tuttavia siamo a oltre 280 varianti al piano regolatore. Credo che procedere a spizzichi e a mozzichi in questo modo, non offrano una visione complessiva sul futuro della città. Manca un progetto di fondo e si continua con gli interventi singoli, non garantisca una strategia di sviluppo condiviso». Anche il sindaco Sergio Chiamparino ha detto la sua, parlando di “momento storico” per l’approvazione in Sala Rossa della variante 200: «Ringrazio tutti i consiglieri che hanno partecipato alla discussione e al confronto su questa delibera, che ha un valore storico. Mi ricorda il 1994, quando adottammo il Preliminare del Piano regolatore di Cagnardi e Gregotti – ha sottolineato -. Ora, come allora, c’è un piano per modernizzare i trasporti. Ieri con la ferrovia, oggi con la linea 2 della metropolitana. Questa parte di città, ferita in modo profondo dal trincerone, da attrattore di degrado diventerà un attrattore di trasformazione e riqualificazione urbana. Si progetta un lavoro che impegna per 15 anni la città a riprogettare la parte del territorio più critica, ma, anche per questo, più ricca di potenzialità». Magari farlo con un nuovo Prg e tutti i controlli e le cautele normative del caso, non sarebbe stato sbagliato.

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