| Scritto da Redazione Però |
| Sabato 15 Maggio 2010 20:58 |
Qual è il futuro della memoria? Quali gli strumenti per la sua conservazione? La tecnologia viene davvero in suo aiuto? Al Salone del libro Umberto Eco incontra il pubblico affrontando proprio il tema dell’avvenire della memoria e analizza quelle che definisce alcune sue malattie Ci sono tre parole, spiega, che significano la stessa cosa: anima, cultura e memoria. La cultura è l’anima e la memoria di una comunità. La funzione della memoria e della cultura non è solo quella di conservare, ma anche quella di filtrare, cioè buttare via. La cultura agisce sempre in un doppio processo di conservazione ed eliminazione. Ha anche una terza funzione, quella di latenza: prende certe cose e le mette in frigo, potranno essere successivamente ricercate. Non è sempre detto, aggiunge Eco, che quello che viene filtrato è davvero quello che doveva cadere o viceversa. Certe volte ci accorgiamo che il filtraggio è stato folle. Leggendo Aristotele, per esempio, scopriamo che ci sono stati tramandati solo alcuni tragici greci. Altre cose sono andate perse per accidenti, come nel caso del rogo della biblioteca di Alessandria. Oggi, continua il semiologo, c’è un eccesso d’informazione. Simbolo e realtà di questo è il web, dove si trova tutto. La rete rappresenta una cultura che vive del proprio eccesso e che non mette niente in latenza. Manca una prova scientifica della durata dei supporti elettronici, dice, e questo crea il rischio che tutta questa informazione scompaia completamente, mentre sappiamo che la carta resiste almeno 500 anni. Inoltre, in questo eccesso di comunicazione, si rischia di non essere in grado di distinguere cosa conservare e cosa buttare. Un altro rischio viene da Wikipedia, al quale lo stesso Eco ammette di fare ricorso. E’ un’enciclopedia che si forma dal basso, il controllo viene solo da una comunità che lui chiama motivata, esiste quindi un problema delle fonti.
Cristiani e laici, Chiesa e democrazia
Sulle possibilità di un dialogo si confrontano Rosy Bindi e Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte Costituzionale, al Salone per il suo ultimo libro, “Scambiarsi la veste. Stato e Chiesa al governo dell’uomo” (ed. Laterza). I cristiani dovrebbero essere sfidati a partecipare all’elaborazione del concetto di laicità e a non esserne tenuti fuori, dice Rosy Bindi, la stessa Chiesa dovrebbe essere chiamata a prendere parte alla costruzione di una democrazia più matura. Del resto, aggiunge, non si può negare che il pensiero cristiano abbia contribuito alla creazione della nostra Carta Costituzionale. Il pensiero laico dovrebbe avere un po’ più di fiducia in quello cristiano. La laicità è proprio la capacità d’incontro delle idee, dove nessuna s’impone sull’altra. Per il credente, dice ancora Bindi, il peccato più grande è ritenere di possedere la verità, ma il messaggio e la missione della Chiesa è l’universalità, e a questa non può rinunciare. Sì al dialogo, conclude, ma riconoscendoci come protagonisti del fondamento della nostra democrazia e cultura. Per Zagrebelsky occorre parlare di laici e non di laicità, come principio astratto. Laico è chi antepone la propria coscienza a delle verità dogmatiche. Un dialogo tra credenti e non credenti, spiega, può esserci solo in nome dell’essere laici. La democrazia richiede che ciascuno sia presente nella vita civile come laico, rappresentando solo se stesso. Oggi, per Zagrebelsky, la posizione del magistero della Chiesa è di assoluta chiusura e se la Chiesa si pone come autorità dogmatica, il conflitto con la democrazia è ovvio. Nella libertà, conclude, anche il messaggio cristiano avrebbe libertà di espandersi senza equivoci di finalità politiche.
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| Scritto da Redazione Però |
| Martedì 11 Maggio 2010 15:10 |
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Sabato 15/05/2010 ore 13.00 c/o Il Salone del Libro di Torino Area "Invasioni Mediatiche" (Pad. 2)
presentazione del libro "IL PRINCIPE IMPERFETTO" di Manuela Muttini.Prefazione di Emanuele Filiberto
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| Scritto da CittAgorà |
| Sabato 08 Maggio 2010 09:15 |
Presentato il Salone Off 2010
E’ diventato ormai un appuntamento consolidato: Salone Off 2010, così si chiama quest’anno, racchiude le iniziative delle circoscrizioni dedicate agli autori e alla letteratura, nei giorni del Salone del Libro. Nato alcuni anni or sono, il fuorisalone si è con gli anni ritagliato uno spazio importante nel periodo in cui il Lingotto ospita l’appuntamento con gli appassionati del libro.
Quest’anno un maggiore coordinamento fra il Salone e le Circoscrizioni, si propone di rompere l’unità di luogo del Lingotto per anticipare nei quartieri le novità e le presentazioni del Salone, proporre iniziative in piazze, vie, mercati e locali della città facendo diventare i cittadini protagonisti di incontri, mostre, spettacoli, e provando a catturare l’interesse dei ragazzi con incontri tra scrittori e studenti nelle scuole.
Intenso il programma che le Circoscrizioni 3 (San Paolo, Cenisia, Pozzo Strada, Cit Turin), 7 (Aurora, Vanchiglia, Sassi, Madonna del Pilone) e 8 (San Salvario, Cavoretto, Borgo Po), hanno allestito. Si comincia l’8 maggio al teatro Colosseo con bookrunning, lo scambialibri per eccellenza: una serie infinita di punti (oltre 150) dove scegliere un libro, portarlo a casa, leggerlo avendo cura di lasciarne uno al posto di quello che si è portato via. Prima di prendere il libro, si può (si deve) incollare sulla prima pagina interna un’etichetta che viene distribuita nei punti di bookrunning e che contiene i riferimenti per iscriversi al sito www.bookrunning.it. Una volta letto il libro, si potrà lasciare il proprio commento sul sito. Chi leggerà il libro successivamente potrà a sua volta ripetere l’operazione, leggere i commenti precedenti e lasciare il suo.
A seguire, dal 13 al 17 maggio, incontri nelle scuole e nelle biblioteche civiche, e in luoghi significativi della cultura cittadina quali il Castello del Valentino, il Teatro Colosseo, l’ex cimitero di San Pietro in Vincoli, l’Alliance Française, il Centro culturale Italo-Arabo, il Cafè Liber e nell’area pedonale “Grattacielo Lancia”, per un totale di 90 appuntamenti distribuiti in 50 luoghi diversi.
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| Scritto da CittAgorà |
| Giovedì 06 Maggio 2010 05:13 |
Facce da straniero, un fenomeno in evoluzione
"Facce da straniero" è un libro in uscita da Bruno Mondadori, ma anche un convegno, una mostra fotografica, una rassegna di documentari.
Tema: il rapporto tra la stampa italiana e i migranti, un rapporto che per Carlo Marletti e Marinella Belluati, docente e ricercatrice dell’Università degli Studi di Torino, tra i primi a occuparsene alla fine degli anni ’80, fu tardivo e ipotecato da una serie di pregiudizi e luoghi comuni.
I primi a farne notizia, spiega Marletti, furono i giornalisti di Repubblica. A quel tempo, gli stranieri migranti erano già molti, ma divennero ospiti fissi dei media solo nell’agosto del 1989. In quell’anno, Jerry Essan Masslo, giovane bracciante sudafricano che non godeva di asilo politico nonostante l’apartheid gli avesse ucciso il figlio e il padre, fu assassinato a Villa Literno (Napoli) da una banda di criminali.
Quell’evento e la contemporanea accellerazione del fenomeno migratorio coinvolgono definitivamente la politica e i media.
La "legge Martelli" è del 1990, e così pure una prima significativa affermazione della Lega Nord, partito i cui consensi sono particolarmente legati alle questioni generate dai fenomeni migratori.
I “boat people” stipati all’inverosimile provenienti dall’Albania sono del 1992. Nel 1995 nascono comitati di cittadini che vogliono difendere il proprio territorio ed opporsi ai fenomeni di degrado connessi alla presenza dei migranti.
Nel 2001 i fatti dell’11 settembre spingono fortemente verso una identificazione dell’Islam con estremismo e minaccia.
Nel 2010 è la rivolta di Rosarno a interrogare gli italiani, attraverso i media, sulla presenza o meno di componenti razziste nella nostra società e sull’interessamento per gli immigrati da parte della mafia.
E’ determinante ogni volta il ruolo della stampa e degli altri media nella lettura e nella narrazione di tutti questi momenti della nostra storia recente. Il modo di farlo però cambia con il tempo.
Negli anni ’80 c’è smarrimento: mancano matrici interpretative a cui fare riferimento e si imboccano scorciatoie cognitive che ripescano vecchi stereotipi e drammatizzano fortemente ogni evento. Le prime reazioni del mondo dell’informazione e della comunicazione ai rischi legati alla formazione di un pensiero razzista, sono forme stereotipate di antirazzismo, come le campagne pubblicitarie realizzate da Oliviero Toscani per la Benetton.
Nel 1991 “Nonsolonero” è la prima trasmissione televisiva caratterizzata da interculturalità e abbandono della drammatizzazione del fenomeno migatorio.
Nel 1998 sarà “Così vicini così lontani” a riconoscere i bisogni comunicativi degli immigrati e ad accorgersi che sono ormai un pubblico ed un target con cui scambiare cultura.
Oggi, concludono Marletti e Belluati, la diversificazione dell’offerta dei media apre alla ricerca nuovi interessanti terreni: quello del confronto tra le rappresentazioni dominanti, della territorializzazione delle narrazioni legata alla specificità delle situazioni, dell’individuazione di nuovi ambienti comunicativi.
In mostra, fino al 18 maggio al Museo regionale di scienze naturali di via Giolitti, centinaia di fotografie e di copertine: una storia completa del racconto che la stampa ci ha fatto negli ultimi 30 anni della nascita dell’ Italia multietnica. Organizza Fieri, il Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione.
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| Scritto da Redazione Però |
| Giovedì 22 Aprile 2010 14:33 |
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Pubblicato da Blu Edizioni, CioccolaTorino (214 pagine, 14 euro) è un originale e appassionante viaggio goloso alla scoperta di storie, personaggi, indirizzi e curiosità del mondo del cioccolato torinese. Non è soltanto una guida, ma molto di più: quasi un romanzo che si dipana in oltre 200 pagine di racconti, dove i protagonisti sono i pionieri e gli artigiani che da metà Ottocento a oggi hanno dedicato tutta la loro vita a questo prezioso oro bruno.
E’ anche un omaggio a Torino, indiscussa capitale del distretto italiano più importante del cioccolato, che si appresta a diventare una città turistica, con gli eventi legati all’Ostensione della Sindone e alle celebrazioni dell’Unità d’Italia. CioccolaTorino è realizzato con occhio – ma soprattutto, è il caso di dirlo – con palato critico da due esperti che hanno visitato personalmente tutti i locali segnalati: sono 107 tra cioccolaterie, pasticcerie, caffetterie storiche e gelaterie, disseminati a Torino e in 25 centri della sua provincia. Il metodo di lavoro, per la prima volta applicato a recensioni non di ristoranti, è quello delle guide gastronomiche alle quali gli autori hanno collaborato per anni: degustazione in anonimato, conto pagato, raccolta di informazioni successiva alla visita. Per ogni esercizio sono descritte le specialità offerte, e ulteriormente segnalate quelle che meritano di essere provate, oltre ai prezzi medi di vendita. Indirizzi, siti Internet, numeri di telefono: una quantità di informazioni unica, raccolta in completa autonomia (senza alcuna pubblicità o sponsorizzazione).
Non ci sono «voti», ma consigli che Clara e Gigi Padovani hanno ironicamente voluto inserire in un loro personale «Pantheon» di delicatessen: una preferenza che nel libro è segnalata con un tempietto. Sono 27 i protagonisti del cioccolato torinese ad avere questa indicazione per un loro prodotto specifico (dai gianduiotti ai gelati, dalla pralineria alle creme gianduia). Soltanto per la cioccolata calda assaggiata nei caffè della città è stato assegnato un rating da una a tre trembleuse, l’antica tazza del Settecento.
Ma in CioccolaTorino non mancano anche gli spunti e gli approfondimenti per diventare intenditori del cioccolato, le immagini per riconoscere lavorazioni e tipi di cioccolatino, le curiosità sulle origini della «figura da cioccolataio», sui due vecchi Talmone o sul cioccolato dell’Esercito, oltre ai prodotti nati dal privato sociale che fanno del bene con il buono (Pausa Cafè, Libera, Piazza dei Mestieri e altre associazioni). Completa il volume una istruttiva conversazione con l’autorevole dietologo Giorgio Calabrese, che dopo gli assaggi di Theobroma Cacao aiuta a superare i sensi di colpa…
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