Cairo è incastrato nel­l’ennesimo azzardo. Tra una stagione di nuovo fallimentare e la speranza di una promozione miracolo­sa, in extremis.
«Il Toro è un patrimonio da difendere e rafforzare nel quadrante del suc­cesso. Io mi sto attivando per questo. Lancio pro­poste. Ne parlo con Cai­ro stesso. E con tanti amici imprenditori. Ho un’idea precisa. Da im­prenditore, per l’appun­to. Penso a una gover­nance. Ho una mia visio­ne chiara».

In italiano: una gestio­ne strategica, la proie­zione di uno scenario.
«Un progetto innovativo, affinché anche il Torino possa esprimere un cal­cio vincente. Esattamen­te come si fa calcio a Sie­na, a Cagliari, a Napoli, a Palermo: cioè bene. Se ci riescono lì, perché non deve accadere la medesi­ma cosa a Torino?».

Perché c’è Cairo.
«Io invece lo difendo. Lo stimo anche molto».

Lei nella scorsa estate ebbe anche un contat­to diretto con un top manager della Red Bull. Allorché il colos­so austriaco cominciò ad annusare “l’opera­zione Toro”.
«Sarebbe strategico, bel­lissimo se la Red Bull comprasse il Toro. Una forma vincente di marketing integrato. Come in Formula Uno. Sapete che ho detto ai miei amici la prima vol­ta che venne fuori la no­tizia? Che sarebbe una figata se la Red Bull comprasse il Toro. Te­stuale: una bella figata».

Cairo ha annunciato che a giugno se ne an­drà: ma chi gli crede?
«Dopo quell’annuncio anch’io ho riparlato con Urbano. Lo conosco be­ne. E non è uno che ab­bandona la nave. Non ha nessuna intenzione di scappare. Anzi, noto una voglia di andare ol­tre. Meriterebbe la A».

Dal ponte di comando della sua azienda, la BasicNet, il suo tifo è anche comprensibile. Seppur da juventino.
«Sono lo sponsor tecnico del Toro con la mia Kap­pa. E 6 mesi fa ho anche rinnovato il contratto per altri 3 anni. Sono uno degli investitori più importanti: figuratevi se non credo nel Torino! Tifo Juve, okay, ma pro­vo grande affetto per il Toro: specie quando lo vedo in difficoltà».

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