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Meglio non essere italiani

Il paradosso del buonismo di facciata, sta tutto in due storie di cronaca appena successe a Torino e dintorni. La prima, quella di un 65enne di Lanzo torinese (mica di San Paolo del Brasile) che, non potendo più pagare l’affitto, è morto per un malore nell’auto che era diventata anche la sua abitazione da qualche tempo. L’altra storia, riportata dal quotidiano della Fiat, è quella di una famiglia – padre e madre pensionati, figlia disoccupata – che ormai da settimane vive nella propria macchina, in un parcheggio di Torino: i vigili, bontà loro, chiudono un occhio e non danno multe per divieto di sosta, i commercianti della zona offrono un po’ di pane e viveri ai tre diseredati.

Già, sono italiani. Indigenti. Non hanno tutele sociali, non hanno paracadute. La famigliola del parcheggio ha chiesto in assegnazione una casa popolare, ma pare che i tre non abbiano i requisiti. Si tratta di storie che, in un Paese civile, farebbero accapponare la pelle di per sé. Ma qui da noi, oltre la beffa, c’è anche il danno: perché se, colti da catastrofe umanitaria, migliaia di cittadini stranieri decidono di solcare il mare e approdare sulle nostre ridenti coste, troviamo loro un tetto sotto il quale ripararsi. Un campo profughi e, se non c’è, un comodo albergo a spese del contribuente. Italiano. Una diaria di 50 euro per sbarcare il lunario che, al mese, fa 1.500 euro. 

Perché noi siamo un Paese civile. Ma solo con gli altri, specialmente se vanno sui giornali. Persone che hanno lavorato tutta la vita, le cui famiglie nelle generazioni hanno contribuito a creare e formare la nostra comunità, la nostra Patria (sventolata da destra e da manca solo quando ci chiedono le tasse) sono lasciate indietro, abbandonate, dimenticate. E forse non si tratta neanche di razzismo al contrario: se arrivano migliaia di persone, c’è un problema visibile e bisogna risolverlo. Quindi si spendono soldi pubblici. Se un anziano vive in macchina e nessuno lo sa, non c’è un politicante che se ne preoccupi.

Chiaro, dopo l’articolo della “busiarda”, è probabile che un tetto ai tre sventurati del parcheggio lo si troverà. Ora il problema esiste, perché se n’è parlato sui media. Ma uno Stato normale dovrebbe prescindere da queste miserie di visibilità. Dovrebbe essere solidale con gli altri, se può permetterselo, ma prima di tutto dovrebbe garantire ai suoi cittadini una sopravvivenza decorosa: deve farlo attraverso regole sicure, precise e inoppugnabili, non sempre e solo sull'ondata dell'ultima notizia e per salvare la faccia propria, più che la dignità altrui.

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