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Low cost: una compagnia torinese per il turismo

caselle_aeroporto-torino TORINO 8 gen (Però Torino) - Non fossimo il Paese (e la città) dei carrozzoni zeppi di poltrone e di megastipendi para-pubblici, da tempo Torino e il Piemonte avrebbero dovuto dotarsi di una propria compagnia di voli aerei a basso costo. Già, i "low cost": oggi gli sforzi (non immani a nostro avviso) di rilanciare lo scalo di Caselle da parte di Sagat, vengono quasi azzerati dai tentennamenti dell'irlandese Ryan Air, che ha deciso unilateralmente di sospendere le prenotazioni e che "non sa ancora" se continuerà ad operare sulla città della Mole.

La Sardegna, già una quarantina di anni fa, si dotò di Alisarda (oggi Meridiana) e anche Catania e la Sicilia, oggi hanno WindJet, che opera con base sull'isola. In questo momento la Regione Piemonte e il Comune sono chiamati a sforzi economici per garantire la presenza di operatori low cost sulla città. Cosa anche ragionevole, perché così va il mercato. A Bergamo lo hanno fatto meglio e prima di noi, trasformando un oscuro scalo periferico in un fenomeno nazionale del trasporto aereo. Ma non è mai venuta ad alcuno la tentazione di investire sullo sviliuppo, anche di una compagnia aerea locale, che avesse - come tutti - la chance di diventare nazionale e internazionale. Non si programma, non si prevede, ci si accoda e basta, meglio se in ritardo.

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Qui si è perso anche il treno preso da Orio al Serio, benché a parole (e con sonanti finanziamenti) si continuasse a sostenere di puntare moltissimo sulla vocazione turistica della città, delle montagne della provincia e dell'intera regione. Non c'è stato un imprenditore e nemmeno un politico che abbiano pensato di investire sull'autonomia, con possibilità di espansione e creazione di posti di lavoro. Ora l'assessore ai trasporti della Regione, Barbara Bonino, appena finito di supplicare Moretti perché lasci qualche treno a Porta Nuova e Porta Susa, deve pregare gli irlandesi che non si dimentichino del Po e della Collina. Ma, è chiaro, agli irlandesi null'altro interessa che i conti economici.

Volano in tutto il mondo, sono ormai una potenza riconosciuta a livello globale, hanno saputo - da una sperduta isola del Nord Europa - conquistare il Continente europeo e non solo. Noi stiamo a guardare. E a sperare che qualcuno si ricordi di noi. Abbiamo perso tutta l'alta tecnologia nazionale, ci siamo dimenticati della chimica, sacrificando un colosso come Enimont ai giochi di potere internazionale. Ci siamo aggrappati alle auto, sino a che la stessa azienda per la quale abbiamo sacrificato mezzo Paese, non ha deciso - da sola - che lavorare in Italia non le conviene nemmeno più. Ora ci troviamo a pietire agli irlandesi qualche volo che non costi una fucilata. Agli irlandesi: non ai tedeschi o ai francesi. Manco agli americani. Anche questo è il segno di un Paese in declino.

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