Prima ancora che il governo Monti trovi il modo per obbligare Regioni e Comuni a far dimagrire i loro organici (Province, Ministeri e Agenzie centrali verranno investite direttamente da provvedimenti per decreto), i Comuni si stanno già organizzando in proprio da tempo. Stime sui dipendenti comunali "in esubero" circolano già, con numeri sulla carta, dall'ultimo periodo di Chiamparino e variano dalle 1.500 alle 2.000 "unità non indispensabili".
La parola d'ordine è "razionalizzazione", che poi significa cercare di chiudere uffici e di liberarsi dei dipendenti. Niente di personale, è solo business. Nelle stanze degli assessorati comunali circolano le ipotesi più varie (alcune in contraddizione fra loro, alcune francamente un po' inverosimili) , destinate a prendere forma concreta dopo l'estate, in previsione del difficile (impossibile?) esercizio di bilancio.
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Si va dall'abolizione delle Circoscrizioni al trasferimento in blocco di interi comparti (ad esempio le anagrafi decentrate a Poste Italiane S.p.A.), al "conferimento" di dipendenti a società miste, con il malcelato obiettivo di chiuderle entro pochi anni. Per quanto riguarda i dirigenti, quelli sì in sovrannumero, si ipotizza una tornata di "buone uscite". Per quanto riguarda le aziende partecipate, la riduzione del personale è legata a future privatizzazioni (al 51%) con annessi piani di ristrutturazione.
Circuiti tortuosi per arrivare al medesimo obiettivo che finora nessun governo, nemmeno quello dei tecnici, ha avuto il coraggio di adottare: il licenziamento dei dipendenti pubblici.