«Sai, qui si guida a destra…», tenta di rabbonirmi mentre lasciamo l’aeroporto. Alzo le spalle, e mi arrendo alla sua maestria.

Finché non mi accorgo che sto rischiando la vita.

Guida a destra vuol dire che bisogna tenere la sinistra, ma non schiantarsi sulla sinistra. Ben presto inizia a prendere tutti i marciapiedi, come un tocco di sponda: vira a sinistra, il cerchione batte contro lo spigolo e la macchina rimbalza a destra.

«E tu sei capace?», chiedo con un sarcasmo che non è in grado di capire.

Solleva la mano, a indicare che sono bazzecole.

Poi arriva il momento del parcheggio multipiano. Si ferma in cima, nell’unico posto al sole. Provo a chiedere perché non parcheggiamo all’ombra: ci sono almeno 30 gradi. Non merito una risposta, ma la capisco all’uscita, quando mi chiede prima dove debba andare (Hai presente quella sbarra con la scritta “Exit”? Ecco, lì), poi nel tentativo di fare manovra sale con la ruota sinistra su un muretto, e procede così a sghimbescio. Nulla da eccepire alle sue doti di equilibrista, se non fosse che a sinistra ci sono io, e sotto di me c’è il vuoto del parcheggio a cinque piani. La ruota procede verso il bordo esterno del muretto, e la portiera inizia a guaire sotto il graffio atterrito della rete metallica. Mi parte un grido: «Frena!». «Ma come faccio a scendere dal gradino?», mi chiede preoccupato.

Ma lui sì che è originale nella guida. Ha la strana abitudine di buttarsi a capofitto nelle rotonde, senza guardare né a destra né a sinistra, per poi piantarsi in mezzo per leggere i cartelli stradali – ignorando le indicazioni, non dico mie, ma almeno quelle del navigatore.

In Finlandia il limite di velocità nelle aree urbane è di 30 km/h, probabilmente per non asfaltare le renne in tempo di consegne natalizie. Ma a Malta, dove la minima invernale è intorno ai nove gradi, quella lentezza anti-ghiaccio è ridicola, e il rischio di tamponamento è continuo.

Ma riesce a sorprendermi anche qui: lo fa al contrario, in retromarcia. 

Poi mi guarda sfinito: «Andiamo a piedi?»